Azioni Growth vs Value: guida completa a stili, metriche (P/E, P/B) e scenari 2025
- Edoardo Matarazzo
- 12 minuti fa
- Tempo di lettura: 5 min

Se ti stai chiedendo «Meglio puntare sulle Big Tech che crescono a razzo o su società “solide o sottovalutate”?», qui trovi una bussola pratica per capire differenze, punti di forza e rischi dei due universi azionari.
1. Due etichette, due culture d’investimento. Azioni Value vs Growth
Growth (crescita): aziende che puntano tutto sull’espansione, spesso reinvestendo gli utili nei propri progetti (pensa a Nvidia, Tesla o alle scale-up digitali). Gli investitori pagano oggi con l'idea di incassare molto domani.
Value (valore): società mature con cash-flow prevedibili o che il mercato prezza sotto la media per varie ragioni (banche, utility, energetici). L’idea è comprare “1 € di assets a 70 cent”.
2. Come riconoscerle a colpo d’occhio
GROWTH | VALUE | |
Settore tipico | Tech; Biotech; consumi discrezionali ecc... | Finanza, energia, industriali ecc... |
Dividendi | Rari o nulli | Generosi |
Volatilità | Alta | Più contenuta |
Prezzo | Prezzo più alto | A sconto |
La tabella evidenzia i tratti distintivi generalmente attribuiti alle strategie growth e value, pur considerando che queste categorie non sono rigide e possono presentare ampie sfumature.
3. Zoom sui numeri: P/E e P/B spiegati bene
P/E (Price-to-Earnings): prezzo di mercato diviso utili per azione. In pratica, quanti euro paghi per 1 € di profitti attuali. Un P/E alto può indicare aspettative di crescita, non necessariamente sopravvalutazione.
P/B (Price-to-Book): prezzo diviso per il valore contabile per azione. Indica quanto il mercato paga per ogni euro di patrimonio netto. Un valore inferiore a 1 può segnalare una sottovalutazione; sopra 3 spesso riflette asset intangibili (come brand o software) o aspettative elevate.
Regola pratica (indicativa, non rigida)
• Growth: di solito P/E > 25 e P/B > 4
• Value: tipicamente P/E tra 10 e 15, P/B < 2
Quindi, le soglie (es. P/E > 25 per growth, P/E < 15 per value) sono regole empiriche di settore, utilizzate comunemente da analisti, ma non sono universali o tratte da un’unica fonte normativa.
4. Ciclo economico & tassi: chi vince quando
Il contesto macroeconomico – soprattutto i tassi d’interesse e la fase del ciclo economico – ha un impatto diretto sulle performance relative di Azioni Growth vs Value .
Tassi bassi e liquidità abbondante: Quando i tassi d’interesse sono bassi (es. politiche monetarie espansive) e l’accesso al credito è facile, gli investitori tendono a dare più valore ai flussi di cassa futuri. Questo favorisce le Growth stocks, che oggi magari hanno utili contenuti, ma promettono una forte espansione in futuro. È il classico scenario post-crisi (es. 2020-2021) in cui dominano tech, innovazione e titoli "visionari".
Tassi in rialzo, inflazione o rischio recessione: Quando salgono i tassi (es. per frenare l’inflazione) o si teme una recessione, i mercati si fanno più selettivi. Il focus si sposta sugli utili presenti e prevedibili, cioè su aziende solide, con business già redditizi e bilanci robusti. In questo scenario vincono le Value stocks, come banche, utility e industriali tradizionali. È quanto osservato nel 2022, con la rotazione dai titoli growth ai value.
5. Quanto hanno reso finora nel 2025?


Il value ha tenuto meglio il brusco calo di aprile, grazie ai dividendi e a multipli migliori, riportando un rendimento superiore da inzio anno. Situazione invece diversa nei 12 mesi.


6. La geografia e le dimensione contano
USA: concentrazione estrema sul tech. Il mercato azionario americano è fortemente polarizzato. Le cosiddette "Magnificent Seven" (Apple, Microsoft, Amazon, Nvidia, Meta, Tesla, Alphabet) rappresentano quasi il 30% dell’indice Growth. Questo significa che gran parte delle performance e del rischio del comparto growth USA dipendono da un numero ristretto di mega-cap tecnologiche. Il resto del listino è spesso trascurato, anche se potenzialmente interessante.
Europa: più value per natura. Gli indici europei, come l’Euro Stoxx 50 o l’MSCI Europe, sono più orientati verso titoli Value. Settori predominanti come banche, assicurazioni, utility e industriali pesano di più, mentre il settore tech è meno sviluppato e rappresentato. Questo rende l’Europa una scelta più "conservativa" e meno esposta alla crescita esplosiva ma volatile del tech.
Emergenti: growth con valutazioni da value. Nei Paesi emergenti (come Cina, India, Brasile o Vietnam) ci sono tante aziende che crescono rapidamente: vendono tecnologia, servizi digitali, piattaforme online o prodotti per una popolazione giovane e in espansione. A tutti gli effetti, sono aziende “growth”, cioè con forte potenziale futuro. Ma c’è un paradosso: molte di queste aziende vengono valutate dal mercato come se fossero titoli “value”, cioè a basso prezzo, come se non crescessero affatto.
Perché succede?Perché investire in questi Paesi comporta più rischi: instabilità politica, regole incerte, crisi valutarie, inflazione, ecc... e quando il rischio è alto, gli investitori pretendono un prezzo più basso per acquistare.
7. Come usare gli stili in portafoglio
Growth e Value non vanno letti come “opposti” da scegliere una volta per tutte, ma come due stili da combinare con intelligenza. Inserirli entrambi in portafoglio, ad esempio attraverso Fondi e/o ETF rappresentativi dei due mondi, è un modo semplice ed efficace per evitare di fare market-timing e posizionarsi su un solo cavallo. La chiave sta nel mantenere l’equilibrio nel tempo: se una componente cresce molto rispetto all’altra, il ribilanciamento permette di ridurre la volatilità e di applicare una disciplina razionale, vendendo ciò che è salito e rafforzando ciò che è rimasto indietro.
Anche il contesto personale conta: chi lavora già in un settore molto “growth” (come tecnologia, startup o digital) rischia di essere esposto, anche inconsapevolmente, allo stesso scenario su più fronti. Aggiungere una componente value può offrire un contrappeso utile, mitigando il cosiddetto “rischio carriera”, ovvero la correlazione tra reddito da lavoro e investimenti.
8. I rischi da non sottovalutare
Naturalmente ogni stile porta con sé insidie. Le azioni growth, proprio perché spesso prezzate su aspettative future, sono vulnerabili quando i tassi salgono o la narrazione di crescita rallenta: bastano piccoli scostamenti per causare forti correzioni. Le azioni value, invece, possono sembrare “a sconto”, ma non sempre lo sono davvero: alcuni titoli appaiono economici perché appartengono a settori in declino, senza più margini di rilancio. È il fenomeno noto come “value trap”, la trappola del valore apparente.
Conclusione
In definitiva, Growth e Value sono come due motori diversi: il primo accelera in rettilineo, quando il mercato corre e la liquidità abbonda; il secondo dà potenza nei tratti in salita, quando il contesto diventa incerto e gli investitori cercano fondamentali solidi. Ma la vera differenza la fa la guida: non basta etichettare uno strumento, serve capire dove si inserisce nel disegno complessivo. Non esiste una ricetta fissa: serve osservare multipli come P/E e P/B, considerare i settori, capire in che fase macroeconomica ci troviamo e, soprattutto, calibrare tutto in base al proprio orizzonte temporale e alla propria tolleranza al rischio.
Se vuoi capire se il tuo portafoglio è davvero equilibrato o se stai seguendo inconsapevolmente la moda del momento, possiamo analizzarlo insieme. Basta una call di 30 minuti per capire se è il caso di ribilanciare, aggiustare, o semplicemente consolidare quello che hai già costruito. E se tutto è già in ordine, avrai almeno la certezza di essere sulla strada giusta.
Le informazioni contenute in questo articolo hanno finalità esclusivamente informative e non costituiscono consulenza personalizzata. Ogni decisione d’investimento dovrebbe tenere conto della propria situazione finanziaria, degli obiettivi e della propensione al rischio.
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